Da Van Gogh a Rembrandt: l’Intelligenza Artificiale riplasma l’Arte
L’Intelligenza Artificiale riplasma l’arte con algoritmi generativi, sfidando i confini della creatività e sollevando nuove questioni etiche e legali.
L’Intelligenza Artificiale, da qualche anno ormai, non è soltanto realtà, ma è sempre più presente nelle nostre vite: app di fotoritocco, sintetizzatori vocali e un’infinità di altre funzioni. Un mondo virtuale che contamina sempre più quello reale: dalla diagnostica medica all’università. Traduzioni, trascrizioni, operazioni complesse richiedono adesso pochi minuti.
Tra le funzioni più interessanti, gli algoritmi generativi, text-to-image, in grado di trasformare la semplice descrizione testuale in un’immagine.
L’AI varca ha ormai varcato i confini del reale e contamina anche il mondo dell’Arte.
Sono già tanti, infatti, gli artisti on-line che stanno acquisendo fama e follower postando le immagini create con Midjourney, il generatore di immagini e grafica più noto e diffuso.
L’AI sfida le tradizionali, e forse antiquate, nozioni di creatività e ispirazione.
Senza alcuna conoscenza pregressa o complessa, le reti neurali, utilizzate da chiunque, possono oggi creare vere e proprie opere d’arte. L’arte diventa democratica, si moltiplicano gli AI Artist, o forse dovremmo ribattezzarli AIrtist, nuova generazione di creativi che si esprime attraverso queste tecnologie avanzate.
Tra i più famosi e di maggior successo Refik Anadol, artista e designer dei nuovi media turco-americano, i cui progetti consistono in algoritmi di apprendimento automatico basati sui dati che danno vita ad ambienti astratti e onirici.
Ma l’intelligenza artificiale non è soltanto uno strumento di creazione, ma anche di analisi e, al pari di un critico esperto, può rivelare peculiarità stilistiche del pennello di un Maestro, svelando influenze o, addirittura, identità attraverso l’indagine delle sue opere.
Se riconoscere la paternità di un’opera non documentata o non tracciata è un’impresa per chiunque, con molto più distacco l’AI nel 2023 avrebbe attribuito con matematica certezza la paternità del Tondo de Brécy a Raffaello. Ma può bastare un riconoscimento facciale per capire se un’opera appartiene o meno al grande Maestro del Rinascimento?


Nel 2016 l’AI ha creato addirittura un’opera inesistente del noto pittore Rembrandt.
Il progetto si chiamava proprio The Next Rembrandt, Il prossimo Rembrandt. Nato dalla collaborazione tra ING, Microsoft, TU Delft, Mauritshuis e Rembrandthuis, ha unito tecnologia e arte per riportare in vita lo stile inconfondibile del grande maestro olandese. Attraverso l’elaborazione di dati complessi e lo studio approfondito delle sue opere, l’intelligenza artificiale ha ricreato un dipinto inedito che incarna le peculiarità stilistiche di Rembrandt. Un esperimento che sfida i confini tra creatività umana e innovazione tecnologica, dimostrando come algoritmi e pixel possano emulare persino la mano di un genio.
Tra gli algoritmi più interessanti Firefly di Adobe, Microsoft Designer, ma anche DALL-E sono capaci di generare immagini dal testo, ordinando all’algoritmo di emulare una corrente artistica o lo stile di un autore.
E così, se è stato creato un quadro di Rembrandt, si può immaginare, ad esempio, come un altro pittore olandese, Vincent Van Gogh, avrebbe dipinto il Golfo di Napoli e il suo Vesuvio. Attraverso l’AI possiamo immaginare che Van Gogh, ossessionato dalla luce intensa e dai colori vibranti, che caratterizzano i paesaggi di molte sue opere, si sarebbe diretto in Campania, per ritrarre il cielo azzurro sul Golfo di Napoli e i contrasti cromatici tra mare, il vulcano e la natura.
Possiamo così immaginare come avrebbe reagito l’artista a contatto con la storia, la cultura e i colori dei panorami partenopei. In che modo avrebbe potuto ritrarre, con le sue pennellate dense e vibranti, la città? Ne avrebbe fatto una versione della notte stellata?
Secondo Grok, creatura senza censure dell’x.AI, la piattaforma di Elon Musk, sarebbe apparsa più o meno così.
Tuttavia l’utilizzo di queste nuove tecnologie ci impone domande etiche importanti: chi è il creatore dell’opera quando è stata generata da un algoritmo?
I legislatori sono tutti più o meno concordi nell’attribuire la paternità a colui che istruisce l’algoritmo. Tuttavia la maggior parte delle piattaforme sono concordi nel ritenere le immagini una loro proprietà, consentendone l’utilizzo commerciale solo previo abbonamento o l’acquisto di singoli crediti.
Se con gli smartphone e con i filtri (ormai messi a bando da instagram) ci siamo trasformati tutti in fotografi amatoriali, con l’AI potremmo invece diventare davvero artisti. Ma se la legislazione sembra abbastanza concorde nell’attribuire la paternità a chi crea e digita il cosiddetto prompt, la richiesta, un altro punto su cui riflettere riguarda il controllo dell’opera stessa: chi detiene il controllo su di un’opera d’arte, l’artista umano o il programmatore che ha creato l’IA?
Gli algoritmi generativi partono dall’elaborazione (o rielaborazione) di immagini reali che, manipolate a seconda della richiesta, dovrebbero fornire un risultato nuovo e originale. Ma come gestire il rischio (sempre più alto) di plagio quando l’opera è stata generata da un algoritmo?
L’esperienza di applicativi come ChatGPT ci insegna che le risposte testuali di questo algoritmo sono influenzate fortemente dalla quantità di dati rinvenuti all’interno della rete. Se l’algoritmo testuale può fornire risposte tendenzialmente discriminanti, come l’IA può evitare il potenziale bias discriminatorio nelle opere d’arte?
Ma sono già tante le storie di successo di applicativi come DALL-E di OpenAI. L’open source di intelligenza artificiale più diffuso, è stato, infatti, felicemente utilizzato per creare racconti, poesie e persino script teatrali con risultati sorprendenti: Ammaar Reshi, designer statunitense, ha pubblicato una storia illustrata per bambini, realizzata utilizzando Midjourney e ChatGpt, rispettivamente per le immagini e per i testi del volume. Ma anche l’Italia non è rimasta a guardare: anche il collettivo artistico Roy Ming ha pubblicato la prima storia per bambini in italiano scritta dall’AI, intitolata La volpe e il futuro.
E, guardando proprio al futuro, è possibile ipotizzare l’evoluzione e l’influenza che questo potente strumento avrà sul mondo e sul mercato dell’arte, immaginando una “collaborazione” fianco a fianco Uomo-Macchina come in un film di Steven Spielberg.
E mentre nuove sfide etiche, e pratiche, si profilano all’orizzonte, l’IA continua ad integrarsi anche in questo settore. Possiamo considerarla una nuova forma di espressione artistica? Uno strumento, al pari di un pennello su di una tela che impugnato da mani diverse può rivelare il nuovo Caravaggio del digitale, o finirà per sostituirci completamente?